CESARE PATERNO' DOPO 15 ANNI
HA RITROVATO IL SORRISO
15 dicembre 2014Detto per come viene, in modo assolutamente diretto e proprio non offensivo, Cesare Paternò entrava nelle cronache ippiche torinesi soprattutto per essere stato parte coinvolta dell'incidente che ha colpito mesi addietro Giuseppe Guzzinati. Una sorta di scontro frontale, l'uno girava a rovescia l'altro alla dritta: un guaio dal quale il più nobile dei Guzzi non si è ancora ripreso totalmente. Cesare non aveva precise colpe, ma quel documento di cronaca rappresentava l'unico dato percettibile della sua prolungata presenza all'ippodromo di Vinovo.
E ciò perchè non c'erano quasi tracce della sua attività di driver, proprietario e trainer, avendo in scuderia soggetti che non riuscivano ad identificarsi.
Ma domenica 14 dicembre 2014 entra nella storia di quest'uomo gentile, garbato e tenace: ha infatti vinto con la sua "Samara", acquistata poco meno di un mese fa e coraggiosamente protagonista: "E dire - commenta - che ho rischiato di ritirarla, perchè le ho cambiato l'imboccatura e lei si è ribellata. Ha rischiato di ribaltarsi: ed in pista l'ho guidata con infinito timore che mi potesse rompere. Sull'ultima curva mi ha fatto un scambio, ho usato garbo, disponibilità, attenzione ma in retta d'arrivo mi sono isolato con le lacrime agli occhi".
Lacrime che esprimono gioia e frustrazione. L'ultimo successo di Cesare Paternò risale infatti all'anno 2000 " Me lo ricordo ancora, con Ucs, 2000 metri con i nastri". Statistiche alla mano, 313 corse in tutta la carriera, con 6 successi, 4 dei quali da allievo. "Ho lavorato da Marino Lovera, Walter Lagorio, Simone Varetto, Angelo Pasolini. Era un doppio lavoro, prima la fabbrica, poi l'altra parte della giornata con i cavalli. Poi è venuto meno il lavoro in fabbrica, è rimasto il cavallo, vissuto in modo maniacale. Ho avuto cavalli che nessuno voleva ed ai quali ho chiesto di alimentare la mia avventura. Non ho guidato molto, per cui in pista non sono un fuoriclasse, ma non me ne vergogno, più semplicemente c'è chi è più avvezzo di altri. "
Cesare, per sostenere questa storia (ereditata dal babbo, che aveva alcuni cavalli di proprietà) ha dovuto convincere la moglie, Concetta che "si può essere malati di ippica". Non è stato facile" Ma domenica sera mia moglie era felice ed io ero veramente appagato, soprattutto per lei che ha finalmente trovato una giustificazione alla mia speranza".
Quindici anni di attesa sono un'eternità: ma Cesare ha avuto nella propria umiltà la medicina giusta per resistere.
Ed ora, come dire, inizia una nuova storia.
mb
E ciò perchè non c'erano quasi tracce della sua attività di driver, proprietario e trainer, avendo in scuderia soggetti che non riuscivano ad identificarsi.
Ma domenica 14 dicembre 2014 entra nella storia di quest'uomo gentile, garbato e tenace: ha infatti vinto con la sua "Samara", acquistata poco meno di un mese fa e coraggiosamente protagonista: "E dire - commenta - che ho rischiato di ritirarla, perchè le ho cambiato l'imboccatura e lei si è ribellata. Ha rischiato di ribaltarsi: ed in pista l'ho guidata con infinito timore che mi potesse rompere. Sull'ultima curva mi ha fatto un scambio, ho usato garbo, disponibilità, attenzione ma in retta d'arrivo mi sono isolato con le lacrime agli occhi".
Lacrime che esprimono gioia e frustrazione. L'ultimo successo di Cesare Paternò risale infatti all'anno 2000 " Me lo ricordo ancora, con Ucs, 2000 metri con i nastri". Statistiche alla mano, 313 corse in tutta la carriera, con 6 successi, 4 dei quali da allievo. "Ho lavorato da Marino Lovera, Walter Lagorio, Simone Varetto, Angelo Pasolini. Era un doppio lavoro, prima la fabbrica, poi l'altra parte della giornata con i cavalli. Poi è venuto meno il lavoro in fabbrica, è rimasto il cavallo, vissuto in modo maniacale. Ho avuto cavalli che nessuno voleva ed ai quali ho chiesto di alimentare la mia avventura. Non ho guidato molto, per cui in pista non sono un fuoriclasse, ma non me ne vergogno, più semplicemente c'è chi è più avvezzo di altri. "
Cesare, per sostenere questa storia (ereditata dal babbo, che aveva alcuni cavalli di proprietà) ha dovuto convincere la moglie, Concetta che "si può essere malati di ippica". Non è stato facile" Ma domenica sera mia moglie era felice ed io ero veramente appagato, soprattutto per lei che ha finalmente trovato una giustificazione alla mia speranza".
Quindici anni di attesa sono un'eternità: ma Cesare ha avuto nella propria umiltà la medicina giusta per resistere.
Ed ora, come dire, inizia una nuova storia.
mb